“Metti che t’è avanzato de’ rrisotto
ar pomodoro, bbello mantecato.
Tiello da parte e mmò magni cor botto,
quanno viè sera, un cibbo delicato.Toji dar frigo e’ rriso de stamani,
taja a listelli ‘n po’ de mozzarella.
E’ rriso l’appallocchi ne le mani
e ar centro je ce piazzi ‘na listella.E mò ner pangrattato pòi passà
‘sti fiori de perfetta squisitezza
che affoghi poi nell’ojo a arroventà.Te ingozzi quattro, cinque, sei supplì
e scoprirai che er monno è ‘na bellezza:
si nu’ li magni, nu’ lo pòi cap”.
Non sono mai stata una persona stereotipata soprattutto nei confronti del cibo.
Da napoletana, ad esempio, ci sono alcuni cibi tradizionali che non amo particolarmente tipo gli struffoli, che trovo troppo dolci e che invece fanno impazzire tante persone.
Vivo da tanti anni a Roma e se c’è una cosa che non mi ha mai fatto impazzire é il supplì.
Dire ad un romano che non ti piace il supplì è come dire ad un napoletano che non ti piace la pizza, appare come un’eresia.
Dopo tanto tempo però finalmente sembra abbia trovato il posto giusto per me dove i supplì regnano sovrani.
Probabilmente dovevo solo attendere di trovare quello perfetto e, a dir la verità, ne è valsa la pena.
In una celebre quanto storica via di Roma, Via dei Banchi Vecchi nasce Supplizio, un’avventura avviata dallo chef Arcangelo Dandini insieme all’amico e socio Lorenzo D’Ettorre.
Arcangelo, da sempre grande amante di cultura e cibo romano, sveste i panni di chef di cucina gourmet per darsi da fare sulla più umile gastronomia da strada.
I due amici ci tengono tantissimo al concetto di cibo di strada che per anni ha caratterizzato Roma e i romani, in cui le strade erano il centro della vita e del confronto.
In questo contesto le friggitorie erano un vero punto di riferimento tra i vicoli della capitale e lo chef Dandini ha pensato bene di ripescare quegli antichi sapori, il cosidetto cibo povero che ora è diventato un must da veri gourmand.
Varcando la piccola porticina di Supplizio ci si accorge subito di entrare come in un’altro mondo.
L’arredamento, tra ampi divani e poltrone, sembra invitare al totale abbandono al piacere del buon cibo fatto a regola d’arte.
Il pavimento in cotto, la pietra per i muri e i tappeti persiani rendono il piccolo ma accogliente locale più caldo.
Supplizio equivale a fritto, ma di quello fatto bene e con i giusti criteri.
Ingredienti di prima qualità e ricambio dell’olio continuo, anche per friggere un solo supplì.
Ma il menù non si limita a questo; supplì rossi e bianchi con rigaglie fanno da apripista per crocchette di patate, crema fritta, polpette di manzo e di ribollito, trippa, panini con fettina panata, burro e alici.
I dolci invece sono affidati ad un’altro celebre chef romano, Andrea de Bellis.
Dal mio preferito supplì alla carbonara alla polpetta di manzo, sostare da Supplizio per un pranzetto veloce o una merdenda golosa equivale ad un vero excursus storico di Roma tra la tradizione ed i veri sapori laziali di una volta.